10 – Il processo di separazione dalla madre – Con la nascita la relazione fusionale, che il bambino ha con la madre, si trasforma in un’interdipendenza simbiotica che avvolge i due protagonisti: per quel periodo è una situazione ritenuta normale. La dipendenza fisica e psichica del bambino dalla madre è totale ed ha la funzione di riorganizzare la vita secondo i ritmi e i bisogni dello sviluppo psicologico del bambino stesso, per la sua umanizzazione.
Il legame tra madre e bambino crea una relazione privilegiata, a cui il padre assiste e partecipa, ma con un ruolo tutto suo, oppure può stare a guardare. Ciò, a volte, lo porta a distanziarsi e anche ad allontanarsi, in quanto non percepisce la sua collocazione in questo speciale rapporto duale madre-bambino.
E’ evidente che, con la nascita, il bambino instauri con la madre una dipendenza simbiotica, privilegiata. Sappiamo, però, che, per un equilibrato sviluppo del bambino e un ridimensionamento della stessa funzione materna, occorre che la relazione da simbiotica sia destrutturata e reimpostata. Cioè, l’identificazione psicosessuale di sé del maschietto esige la separazione psicologica dalla madre. Quando è protratta, la simbiosi impedisce l’identificazione e si ripercuote sulla varie fasi della vita.
Queste due vite, intrinsecamente legate, condizionano profondamente la dinamica del nucleo familiare, in cui la presenza del padre viene in ogni modo ridimensionata e deve trovare una sua specifica collocazione.
Il ridimensionamento della simbiosi permette al bambino di differenziarsi dalla identità femminile della madre e sviluppare la propria identità maschile. Questo processo di differenziazione richiede al bambino di ottenere un proprio spazio psicologico interno ed esterno. Ciò comporta l’acquisizione di una propria differenziata collocazione psicoaffettiva di fronte alla figura materna, ai suoi pensieri, comportamenti e vissuti.
In questo percorso di differenziazione e di identità, il bambino arriva a percepire ciò che appartiene psicologicamente a se stesso e alla propria identità, lo fa suo e sa distinguerlo da ciò che è degli altri. Nello specifico, sa discernere ciò che è proprio della femminilità materna e vivere quello che è proprio della sua mascolinità. In una prospettiva futura questo processo lo abilita a saper distinguere, nelle varie fasi della vita, se stesso dagli altri ed attribuire a ciascuno le sue caratteristiche.
Come abbiamo visto, il legame privilegiato tra madre e figlio crea nel primo mese un’intimità primitiva fusionale, completa ed esclusiva, che diviene successivamente simbiotica e quindi diversificata. Ora, durante la crescita può capitare che il bambino cerchi di protrarre il rapporto simbiotico oltre il tempo previsto, anzi di mantenere il cordone ombecale attaccato a sé per sempre. Ma, nel contempo, anche la madre può voler continuare questo legame attraverso una serie di strategie ambigue, in cui tiene il figlio incatenato a sé, mentre contemporaneamente lo desidererebbe indipendente. Si instaura una modalità circolare, in cui i due si tengono fortemente legati, mentre ciascuno pensa di ricercare la propria indipendenza. In particolare, la madre ritiene che il figlio sia libero nelle sue scelte, mentre gli è costantemente col fiato sul collo, attivando una protezione visibilmente vischiosa e soffocante, intrisa di ricatti affettivi.
11 – Il padre nella triangolazione – In questa dinamica di separazione e individuazione, vi è spesso la necessità, per il bene del figlio, che il padre intervenga e s’imponga d’interrompere questo legame. Il padre può dimostrare alla madre e al figlio che nella triangolazione vi può essere un rapporto intimo e nel contempo autonomo: essere profondamente legati e indipendenti, interdipendenti e distinti.
Spetta al padre stemperare con la sua delicata e ferma presenza il rapporto simbiotico tra madre e figlio e proporsi al bambino come figura “altra”, a cui fare riferimento sempre più con il passare dei mesi e con cui identificarsi nella sua mascolinità. Nel frattempo egli è di aiuto alla madre, le fa da contenimento, la supporta nelle possibili difficoltà psicologiche legate alla gestione di un bambino piccolo e della casa. Il suo è un ruolo molto delicato e prezioso.
Là dove il padre assume una sua chiara, visibile e esclusiva presenza, la situazione triangolare si ridimensiona. La stessa tenerezza nella coppia è determinante per la ripresa della vita relazionale affettiva della coppia stessa e ricollocare ciascuno nella propria funzione.
Nel processo di crescita, il padre è essere presente con la sua mascolinità per accompagnare il figlio nel suo spostamento dalla sfera femminile alla sua identità maschile.
Come si diceva, ciò che ostacola questo distacco è in particolare l’iperprotezione materna, che diviene un rifugio sicuro per il figlio di fronte alle difficoltà e alle insidie dell’ambiente circostante e alle frustrazioni, dovute anche ad un padre psicologicamente assente o duro. Una madre meno protettiva permette al bambino di essere più disponibile alle frustrazioni, che gli possono derivare da un rapporto insoddisfacente con il padre, specialmente tra i due e i tre anni.
La madre, che opera un’eccessiva protezione del figlio, che ha un rapporto difficile con il padre, e si sente difeso dalla madre nei confronti di un padre “cattivo e persecutorio”, può bloccare o ritardare l’identificazione del bambino con il padre. In effetti, ostacola o frena l’acquisizione dell’identità psicosessuale maschile del bambino, facilitando la sua permanenza nella sfera del femminile, oltre il previsto. Le probabili, successive, conseguenze sono di un possibile orientamento omosessuale.
In sintesi, il padre diviene un ostacolo allo sviluppo della personalità del figlio quando non si assume la responsabilità di essere padre e non lotta per esercitare il suo ruolo.
12 – L’identificazione con il padre – Gli studiosi insistono molto sull’importanza della figura paterna nel processo di separazione del maschietto dalla madre e nell’acquisizione dell’identità maschile. La Mahler, per esempio, accentua l’importanza dell’”abbandono della madre” e insiste su una costante presenza del padre per aiutare i due, madre e figlio, a sciogliere la simbiosi. In tale senso è determinante che il padre si dedichi alla formazione della mascolinità del figlio, il quale, un volta identificatosi nella sfera maschile, è disponibile a identificarsi con gli altri uomini e ad aprirsi alla relazione con il femminile in modo sereno. Questo fa comprendere quanto siano importanti e fondamentali i primi tre anni di vita per l’identificazione psicosessuale e, pertanto, per l’orientamento eterosessuale.
In mancanza del padre, può svolgere una funzione rilevante un uomo che mantenga rapporti affettivi con il bambino, come un nuovo compagno della madre che accetti la presenza del bambino come parte integrante della relazione e che lo aiuti a distaccarsi dalla madre, uno zio, e nelle fasi successive un insegnante maschio, un animatore sportivo, ecc. Il bambino ha bisogno di figure maschili, che siano per lui un modello di comportamento maschile, non in conflitto con il femminile, ma con una posizione di chiara differenziazione e di esplicita valorizzazione dell’eterosessualità, come dimensione decisiva e fondamentale della personalità.
All’inizio della psicoanalisi, l’importanza della figura del padre sullo sviluppo dell’identità psicosessuale non aveva avuto molta attenzione, ma da tempo ormai la valenza emotiva del padre è considerata essenziale per la crescita e lo sviluppo del bambino e in particolare per l’acquisizione della sua identità psicosessuale.
Il bambino imita la figura più significativa e si identifica con essa, plasma la sua identità sul modello che sente più affine a sé. Ora, come è già stato detto, per lui il padre è la figura maschile più significativa nei primi anni di vita, spesso lo è anche negli anni successivi. A lui si conforma e si identifica. Ne interiorizza valori e comportamenti. Può capitare ciò anche nei confronti di uno zio, di un uomo legato affettivamente al nucleo familiare, o anche di un fratello maggiore.
L’identificazione avviene attraverso i comportamenti, tra cui anche le punizioni, ma in particolare, tramite l’affetto, il calore, il coinvolgimento personale, la partecipazione alla vita di gioco e agli interessi del bambino. Le ricerche confermano che la presenza di un padre affettivo facilita l’identificazione maschile, più della presenza di un padre freddo. Per gli adolescenti, per esempio, il riconoscimento delle qualità affettive, gratificanti e anche delle punizioni del padre facilitano una buona ed equilibrata mascolinità.
13 – Alcune cause psicologiche del fallimento dell’identificazione sessuale – E’ stato verificato che le cause psicologiche del fallimento dell’identificazione psicosessuale possono essere molteplici. In sintesi, mi soffermo sulle seguenti: 1) il predominio gratificante della madre, 2) il tipo di presenza del padre, 3) l’assenza del padre.
1. Il predominio gratificante della madre. Rientra nella logica che, là dove la madre oltre che “oggetto di desiderio” è anche la fonte unica di soddisfazione e di gratificazione per il bambino, questi tenda a mantenersi legato a lei e a stringere con lei un patto d’alleanza contro il padre, che cerca di intromettersi tra loro due.
Come si vede siamo nella dinamica della prospettiva della gratificazione e del soddisfacimento dei bisogni, spazio che di norma spetta alla madre, tuttavia il padre non deve essere escluso da tale ambito e anche lui deve essere gratificante, ma non in competizione e in conflitto con la madre. La competizione tra chi dei due è più bravo a soddisfare i bisogni del bambino, danneggia il rapporto tra loro e compromette quello con il figlio. Le conseguenze negative si vedranno nel tempo.
Per un normale sviluppo dell’identificazione del figlio, è fondamentale che ciascun genitore sia gratificante a suo modo e che i due siano interdipendenti sui percorsi e contenuti educativi. Così il bambino sarà facilitato nell’attivare il suo distacco dalla madre, che, come si diceva, resta fonte primaria di affettività e di sicurezza. Il padre, con la sua presenza equilibrata ed affettiva, mentre conferma la madre nella sua identità femminile, nel contempo diviene oggetto di identificazione del figlio.
In questo percorso di costruzione della personalità, il bambino (maschio o femmina) non deve vivere il conflitto di essere costretto a scegliere tra l’uno e l’altro genitore, ma di seguire il suo normale percorso di identificazione maschile o femminile, a cui la madre e il padre contribuiscono con la loro presenza discreta, ma fondamentale. Così confermano la scelta del figlio, rassicurandolo nella possibilità/necessità dell’identificazione maschile o femminile e, nel prendersi cura di lui, testimoniano reciprocamente l’importanza dei due ruoli. Là, invece, dove la madre è dominante e trattiene legato a sé il figlio con una costante gratificazione, tenendo lontano il padre, il maschietto resta nella sfera femminile con cui, suo malgrado, cercherà di identificarsi, in contrasto con la propria intrinseca tensione maschile, e la femmina avrà difficoltà di percepire con chiarezza il valore della propria identità femminile. Là dove il padre rinuncia al proprio ruolo, vi sarà difficoltà sia per il maschio che per la femmina nell’acquisizione di una chiara identità psicosessuale.
2) Il tipo di presenza del padre. Nel cammino di crescita dei figli, occorre la disponibilità del padre a fare il padre nella interezza della sua funzione e del suo ruolo.
La funzione genitoriale paterna è fatta di una presenza fattiva, collaborativa, carica di calore, di accettazione, di disponibilità, di presenza fisica e psicologica. E’ la presenza di un padre carismatico, cioè forte e affettuoso, autorevole e comprensivo, disponibile ed empatico. Si richiede un padre integrato nell’ambiente familiare: ne è un agente attivo che collabora con la moglie a creare quel clima psicoaffettivo, che facilita il percorso di maturità dei vari membri.
Anche il ruolo di padre si realizza in cammino, giorno dopo giorno. Per certi aspetti ogni padre ha da ri-crearsi il proprio ruolo, il suo modo concreto di essere padre. Viene esigito dalla realtà sociale del nostro tempo e dai nostri figli, che meritano il miglior padre possibile.
Non sempre è così: vi sono padri fisicamente presenti, ma psicologicamente assenti, che lasciano il loro spazio vuoto che qualcuno deve colmare. Spesso la madre tenta di riempire il vuoto e lo fa in malo modo, per motivi facilmente comprensibili. Questi padri danneggiano i figli sull’acquisizione della loro identità, perché fanno mancare loro un modello maschile positivo.
Purtroppo vi sono donne che, per come sono fatte, specialmente in queste casi, si assumono i due ruoli, materno e paterno, creando grande confusione in se stesse e nei figli, che non comprendono le reali difficoltà della madre e le disfunzioni che tale situazione può provocare. Si può affermare che, in certi contesti, madre e padre sono molto bravi nel creare guai e inconvenienti all’identità profonda dei figli.
Là, dove il padre non fa il padre, al figlio viene a mancare l’incoraggiamento all’autonomia da parte del padre, proprio nel periodo in cui il bambino è occupato su due fronti: su quello dell’acquisizione della propria autonomia e sul fronte della propria identificazione psicosessuale. Per le bambine è più facile perché seguono la propria linea e si ritrovano nella loro sfera, il femminile, mentre è più complesso il percorso per il maschietto, che deve uscire dalla sfera femminile per entrare nella propria e quindi completare l’identificazione maschile.
Anche il padre può ostacolare l’assunzione dell’autonomia attraverso l’iperprotezione e il coccolamento del figlio, che fatica a identificarsi sessualmente, perché per il maschio l’acquisizione in generale dell’autonomia è strettamente connessa a quella sessuale. Nel maschietto, infatti, vi è una profonda correlazione tra l’autonomia sessuale e quella generale.
Anche un eccessivo autoritarismo è altrettanto dannoso su tutti i fronti, in particolare sulla propria identità.
Il padre presente sta a fianco del bambino, lo incoraggia nei suoi processi di autonomia, lo sostiene nella separazione dalla madre e lo rafforza nell’identificazione maschile o femminile.
Il rapporto con il padre diviene cruciale per la crescita e la maturazione del bambino, in quanto egli rappresenta il “principio di realtà”, la forza, l’indipendenza e il controllo di ciò che lo circonda, del mondo esterno.
Il rapporto con un padre affettivamente presente bilancia i bisogni interiori del bambino con le esigenze e le aspettative esterne.
3. L’assenza del padre. Varie ricerche dimostrano che l’assenza del padre incide sulla strutturazione della personalità, in particolare accentua la dipendenza dalla madre. L’assenza grava, in particolare, sulla carenza di autostima, sulla difficoltà di autoaffermazione e sulla conformazione di un’identità maschile debole. Ne consegue che vi possono essere immaturità generale, difficoltà di adattamento e scarsa identificazione con il padre. Tuttavia, va confermato che i maschi con padre assente hanno la capacità di adattamento e di identificazione eterosessuale.
E’ il luogo di parlare del rifiuto affettivo.
Nell’ambito della relazione padre/figlio, il rifiuto emotivo è una dei peggiori affronti che si possano fare a un bambino, perché con il rifiuto lo si nega nella sua esistenza psicologica, lo si castra nella sua presenza sociale e nella sua esigenza di esserci per qualcuno, in particolare per il padre. Non vi è peggiore situazione esistenziale dell’insignificanza esistenziale.
L’avere un grave rifiuto emotivo da una figura maschile importante come il padre è uno degli ostacoli maggiore alla identificazione. Questo succede sia per i bambini con padre assente sia per quelli con la presenza di un padre rifiutante.
Il rifiuto affettivo genera nel bambino un distacco difensivo dal padre: “Non sei tu che non mi vuoi, sono io che non ti voglio… ed io posso fare ed esistere senza di te”. Se nel frattempo il bambino incontra delle figure maschili significative, sostitutive del padre, ha la possibilità di identificarsi con esse e quindi di attivare la sua mascolinità. Diversamente, in questa inconscia ricerca, l’attrazione omosessuale emerge come uno sforzo compensativo del grande vuoto lasciato dal rifiuto affettivo. E’ la storia di varie persone incontrate nella mia attività psicoterapeutica.
Conclusione – Vi sono ancora tanti aspetti da affrontare in questo cammino di identificazione e di acquisizione della identità psicosessuale. Di certo, l’ambiente familiare e la gestione dei ruoli maschili e femminili sono determinanti nella formazione di tale identità di genere.
Chi lo vuole negare, lo faccia pure. Ritengo, però, che ciò sia dovuto alla deresponsabilizzazione e, ancora una volta, alla codardia di quanti, che per motivazioni le più varie e le più incoerenti tendono a negare le conquiste della scienza: il bimorfismo sessuale non esiste solo per essere funzionale alla procreazione, ma per realizzare l’umano attraverso una dualità originaria in tutti gli ambiti della vita.
Sappiamo che l’identità sessuata è una caratteristica ontologica della persona, indipendentemente dal fatto di essere sposati o dall’avere figli. La persona umana non è uomo e donna in quanto è biologicamente animale, ma perché è persona, come dualità corporea che si esprime in una dualità di codici simbolici. Vi è il maschile e il femminile.
Sono profondamente convinto che, sulla negazione di ciò e sulla omogeneizzazione dei sessi, non si costruisca una pedagogia positiva di formazione della personalità e non si favorisca la crescita di persone consce della propria individualità e identità profonda.
La cultura dominante sembra giocare con l’artificio della autoconvinzione e dell’autoreferenzialità di poter far andare il mondo secondo la propria volontà, sino alla negazione dell’essenza dell’uomo. La castrazione psicologica e sociale delle generazioni passate non è sufficiente, infatti, il masochismo della società odierna, o almeno di una buona parte di essa, arriva alla castrazione della propria identità sessuale.
E’ la negazione dell’uomo e della sua lunga storia di umanizzazione.
L’ideologia fa questo ed altro.
Ma l’uomo, con la forza che proviene da Dio, va oltre l’ideologia.
Attraverso il mio lavoro, mi sono confermato nella convinzione che ogni persona ha delle potenzialità e delle ricchezze interiori che sa utilizzare per affrontare le peggiori avversità, compresa la falsificazione sessuale.
Gilberto Gobbi